Il Mostro di Firenze

Raccolta di documentazione e analisi
dei delitti del "Mostro di Firenze"

a cura di
.
Enrico Manieri - Henry62
.
Esperto balistico e Consulente Tecnico di Parte per la difesa
nel processo d'Assise d'Appello contro Pietro Pacciani

Il processo si concluse con l'assoluzione piena dell'imputato
dopo la condanna a più ergastoli inflittagli in primo grado.
- Corte d'Assise d'Appello - Firenze 1996 -

 
=<>=

 

Iscrivetevi al mio canale Youtube di nuova apertura: 
=<>=

Se ritenete interessante questo sito,
visitate anche gli altri blog tecnici di Henry62:

.

La mia ipotesi inedita della dinamica dell'omicidio degli Scopeti e le mie partecipazioni in video

Dopo tanti studi e approfondimenti personali, inizia oggi un nuovo corso: tramite video e nuovi articoli andremo ad approfondire i punti specifici che mi hanno portato a formulare una innovativa ed inedita ipotesi della dinamica dell'omicidio degli Scopeti.



Nel settembre 1985 il cosiddetto  "Mostro di Firenze" uccise due ragazzi francesi, Nadine e Jean Michel, accampati nella loro tenda ad igloo sulla piazzola degli Scopeti, vicino a San Casciano.

Noterete che, contro ogni moda imperante e versione ufficiale giudiziaria, io continuo a parlare al singolare di "Mostro di Firenze": a mio parere in nessuna scena del crimine della lunga catena di omicidi, che va dal 1968 al 1985, ci fu mai alcun elemento che impose la presenza contemporanea di più persone sulla scena del crimine per compiere tali orrendi misfatti.

Se è vero, come è vero, che le ipotesi più semplici sono le migliori, non vedo alcun motivo plausibile che derivi dalla stretta osservazione delle evidenze oggettive della scena del crimine che ci imponga la scelta tecnica di considerare questi delitti come compiuti da un gruppo.

Le testimonianze appartengono alla sfera giudiziaria, non all'analisi tecnica della scena del crimine.

Al contrario, sarà proprio la congruità con i dati della scena del crimine che ci darà la risposta sulla attendibilità delle testimonianze, validandole nel merito o, al contrario,  segnalandole come inattendibili perché in contrasto con i dati oggettivi.

L'obbiettivo della mia ricerca è perciò capire "come" vennero perpetrati gli omicidi, non "chi" li commise: quello è il compito degli investigatori. 

Il guaio peggiore in cui si imbatte chi formula una nuova ipotesi è di innamorarsi delle proprie convinzioni, senza tenere sempre alta l'attenzione critica sull'aver trascurato un elemento o, peggio, di aver piegato, ovviamente sempre in buona fede, alla propria ipotesi la corretta interpretazione degli atti e delle evidenze. 

Nel mio approccio tecnico alla scena del crimine considero una scala di priorità che pone al primo posto il dato oggettivo, l'evidenza fisica rilevabile, misurabile e studiabile con l'applicazione del metodo scientifico, mentre il secondo posto spetta all'interpretazione di questi dati oggettivi.

E' l'interpretazione, con le corrette chiavi di lettura del dato, che ci porta a ricavare le informazioni, all'interno di un processo logico e tecnico di causa ed effetto, di congruità di tempo e di spazio, che richiede l'uso di diverse conoscenze e professionalità.

Parafrasando il linguaggio che si utilizza nel mondo delle aziende, nel costruire una ipoetsi dobbiamo dobbiamo avere uno sguardo di sintesi orizzontale su tanti contributi di analisi verticali, iperspecialistici.

Il rischio che si corre guardando solamente ai contributi verticali, cioé quelli forniti da specialisti di una singola materia, è di perdere di vista la visione armonica di insieme che deve essere sempre presente e derivante dalla messa a fattor comune di tutte le visioni particolari: tutti i fenomeni studiati derivano dal medesimo evento omicidiario e, quindi, i gradi di libertà o di alea delle singole componenti studiate devono coesistere nelle diverse trattazioni tematiche.

Per usare un linguaggio matematico, se ad ogni visione verticale corrispondesse un'equazione, il nostro compito di tecnici non sarebbe di risolvere ciascuna equazione singolarmente, ma di risolvere l'insieme matematico di tutte queste equazioni e le soluzioni devono essere soluzioni condivise di ciascuna equazione.

In altre parole, le soluzioni ricavate delle incognite (prima fra tutte l'incognita temporale) devono essere contemporaneamente soluzioni di tutte le equazioni in cui quella incognita compare.

Il problema, si capisce dall'analogia matematica, consiste nel mettere in sistema le giuste equazioni e solo da questa scelta si potrà giudicare la bontà e l'efficacia di una ipotesi.

Nel sistema che porta all'individuazione delle variabili sconosciute, ogni equazione deriva da una diversa legge oraria formulata sulla base di diverse discipline tecnico-scientifiche.

La scena del crimine ci parla, ma usa lingue diverse e, per capirle e per ricavare delle soluzioni, dobbiamo capire e parlare quelle lingue; ciascuna lingua é appannaggio di una diversa disciplina tecnico-scientifica.


=<>=

Segue l'elenco aggiornato dei link alle mie partecipazioni live e registrate su Youtube


Il mio canale YouTube 

"The Henry62's Channel"


- "La mia ipotesi di ricostruzione del delitto di Scopeti (1985)" 

La mia ipotesi sul duplice delitto degli Scopeti, spiegata con l'ausilio di immagini in un video di oltre 2 ore. Dopo la visione di questo video, nessuno potrà più pensare che l'omicidio di Scopeti non debba essere al centro di ogni analisi dei delitti del cosiddetto Mostro di Firenze.


- "Il profilo F.B.I. del Mostro di Firenze: alcune considerazioni e uno scoop finale" 

Analisi del profilo redatto dal F.B.I. il 30 giugno 1989, le mie osservazioni ed una inquietante ipotesi sulle lettere spedite al magistrato Silvia Della Monica.





Processo Pacciani: le fatture dei blocchi Skizzen Brunnen

di Enrico Manieri - Henry62


Il famoso blocco da disegno Skizzen Brunnen era, con la cartuccia trovata nel suo orto durante la famosa maxi-perquisizione, uno degli elementi più pesanti a carico di Pacciani nel processo di primo grado, indizio che venne però completamente smontato nel processo di appello.
 
Ho già approfondito l'argomento nell'articolo "Processo Pacciani: il blocco da disegno Skizzen Brunnen", ma alcuni dubbi erano rimasti sulle modalità con cui era stato possibile risalire al prezzo di vendita al pubblico dell'album a partire dalle fatture di acquisto del negoziante.
 
Per risolvere queste perplessità, non resta che valutare queste famose fatture, così ciascuno potrà verificare su che basi oggettive la Corte d'Assise d'Appello di Firenze, che giudicò innocente Pacciani, basò la propria decisione.
Devo alla cortesia dell'avvocato Bevacqua, difensore storico di Pacciani, la disponibilità di questi e altri importanti documenti che nel corso degli anni mi ha fornito.

GLI ALBUM DA DISEGNO E LE FATTURE
 
Nel duplice omicidio di Giogoli morirono i ragazzi tedeschi Uwe Jens Rusch e Wilhelm Friedrich Horst Meyer, entrambi di 24 anni.
Horst Meyer aveva frequentato una scuola di disegno e grafica di Osnabruck e, secondo la sorella, chiamata a deporre in aula, utilizzava album da disegno del tipo sequestrato a Pacciani.
 
Questo album, ricordo, misurava 17 x 24 cm e riportava al retro il prezzo di vendita manoscritto di 4,60 DM (marchi tedeschi); la sorella della vittima, Heidemarie Meyer, consegnò spontaneamente agli investigatori un secondo album, simile ma di dimensioni maggiori (24 x 34 cm), avente prezzo di vendita pari a 10,20 DM, sostenendo che era stato acquistato, a suo tempo, proprio da suo fratello, che sarebbe poi stato ucciso nel 1983.
 
L'album sequestrato a Pacciani aveva il numero d'ordine nelle fatture "47550", mentre quello consegnato dalla signora Meyer aveva numero d'ordine "47450".
 
Veniamo allora alle fatture consegnate dal titolare del Prelle-Shop, signor Westerholt; su ciascuna di queste fatture venne riportato all'epoca, scritto a mano, il prezzo di vendita al pubblico per ciascun articolo, col totale di quanto speso per ciascun ordine e di quanto ricavabile dalla vendita al dettaglio al momento dell'ordine.
 
Questo spiega perché fu possibile avere nel dibattimento,  in modo certo e diretto, il prezzo di vendita al pubblico nel periodo di riferimento della fattura.
Con precisione tutta tedesca, il titolare del negozio faceva segnare diligentemente il prezzo di vendita finale al pubblico di ogni articolo sulla relativa fattura di acquisto.
 
1) Fattura del 8 maggio 1982
 
 
In questa fattura il blocco sequestrato a Pacciani risulta avere un prezzo di vendita al pubblico di 5,90 DM, mentre quello di dimensioni maggiori costava al pubblico 9,20 DM.
 
art. 47550 - 5,90 DM
art. 47450 - 9,20 DM
 
2) Fattura del 23 luglio 1982
 

 
art. 47550 - 5,90 DM
art. 47450 - 9,20 DM
 
 
3) Fattura del 23 agosto 1982
 

 
art. 47550 - 5,90 DM
art. 47450 - 9,20 DM
 
 
4) Fattura del 22 agosto 1983
 

 
art. 47550 - 6,20 DM
art. 47450 - 9,70 DM
 
 
5) Fattura del 24 ottobre 1983
 

 
art. 47550 - 6,40 DM
art. 47450 - 10,00 DM
 
 
6) Fattura del 15 ottobre 1984
 

 
art. 47550 - 6,40 DM
art. 47450 - non disponibile
 
 
OSSERVAZIONI
 
Le fatture esibite in aula durante il processo d'appello contro Pietro Pacciani dimostrano in modo inoppugnabile che il prezzo di vendita al pubblico di 4,60 DM, segnato sulla copertina del blocco da disegno sequestrato a Pacciani, era relativo ad un periodo che poteva essere ricondotto, secondo il titolare del negozio Prelle-Shop, almeno al 1980-81.
 
Da un punto di vista strettamente numerico, i dati ci consentono di rilevare che nel periodo maggio 1982 - ottobre 1984 il prezzo di vendita al pubblico dell'album passò da 5,90 DM a 6,40 DM, con un aumento complessivo di mezzo marco.
 
In pratica, in un periodo di due anni e mezzo, il prezzo aumentò di 50 centesimi di marco, mentre la differenza fra il prezzo segnato sul blocco da disegno sequestrato a Pacciani e quello di vendita al pubblico ad inizio maggio 1982 era di ben 1,30 DM, cioé poco meno di circa due volte e mezzo l'aumento dei prezzi di vendita al pubblico documentato dalle fatture.
 
Questa constatazione ci consente di ipotizzare, in modo che ritengo persino prudenziale, che, con un aumento medio di mezzo marco ogni 2 anni circa, il costo di 4,60 DM del blocco sequestrato all'imputato risalisse a ben prima del 1980, probabilmente addirittura a prima che il ragazzo tedesco si iscrivesse alla scuola di disegno.

IL SECONDO ALBUM
 
L'album di maggiori dimensioni, consegnato spontaneamente dalla sorella della vittima tedesca alla Polizia di Stato italiana, aveva un prezzo di vendita al pubblico di 10,20 DM, ma dalle fatture si vede che nell'ottobre 1983, cioè un mese dopo il delitto di Giogoli, il prezzo di vendita di tale oggetto era di soli 10,00 DM, quindi l'album consegnato agli inquirenti venne acquistato presso il negozio Prelle-Shop certamente dopo quella data e non poteva essere quindi stato acquistato dalla vittima, come invece riferito dalla donna all'atto della consegna.
 
Ipotizzare che l'album sequestrato a Pacciani fosse appartenuto alla vittima tedesca è perciò un puro esercizio dialettico, privo di qualunque riscontro oggettivo, dato che nessuna delle commesse del negozio riconobbe nelle due vittime dell'omicidio di Giogoli un cliente del Prelle-Shop e la testimonianza della sorella sul secondo album, che associava il fratello all'uso di quella marca di blocchi da disegno, venne smentita dalla verifica del prezzo di acquisto.

Per poter attribuire almeno il valore di indizio all'album sequestrato a Pacciani, sarebbe stato necessario dimostrare che la vittima tedesca utilizzasse quel tipo di album e che si approvvigionasse presso il negozio Prelle-Shop, ma ciò di fatto non avvenne.

E' anche bene ricordare che l'accusa non fu in grado di produrre in aula nemmeno un disegno o uno schizzo realizzato dalla vittima su un foglio preso da un album simile a quello sequestrato, nonostante la famiglia della vittima fosse stata sentita per tempo.

Il personale docente della scuola di disegno, inoltre, smentì l'affermazione che la scuola consigliasse quel tipo di materiale agli allievi.

Tutti gli elementi portarono quindi la Corte a concludere che l'album da disegno sequestrato a casa di Pacciani non fosse da porre in relazione col delitto di Giogoli e con le vittime tedesche.
 
 
 
 
 
 

Processo Pacciani: a quanto ammontava realmente il patrimonio di Pacciani?

di Enrico Manieri - Henry62

Fino alla conclusione del processo di primo grado contro Pietro Pacciani, le indagini svolte per individuare il responsabile della serie di delitti che insanguinarono la provincia di Firenze fra il 1968 e il 1985 erano orientate sul profilo criminologico del serial killer unico.
 
L'assassino era stato definito nel 1989 dagli esperti del F.B.I. e, prima nel 1984-85 dai criminologi italiani, un omicida per libidine, un lust murderer, che uccideva spinto da una perversione sessuale.
 
 
Le motivazioni della sentenza del processo di primo grado contro Pacciani introdussero la possibilità che i delitti, in particolare quello di Scopeti del 1985, fossero stati eseguiti con l'ausilio di complici e quindi si invitavano gli inquirenti a svolgere indagini in tal senso.
 
Ho già approfondito nell'articolo Dal serial killer solitario ai "compagni di merende": nascita di un'ipotesi giudiziaria la genesi della seconda fase delle indagini.
 
Venne quindi impressa una svolta alla vicenda giudiziaria e si giunse all'individuazione di coloro che passeranno alla storia come i compagni di merende, cioé Vanni e Lotti che, insieme a Pacciani, avrebbero compiuto gli omicidi, spinti da motivi però non ancora chiari.
 
Se la perversione sessuale poteva essere il movente degli omicidi di un serial killer unico, le probabilità che simili perversioni potessero essere alla base di delitti di gruppo erano davvero poche e nacque quindi il problema di capire perché fossero avvenuti delitti così efferati, in un intervallo di tempo ampio, compreso come minimo fra il 1974 e il 1985.
L'ipotesi a quel punto più accreditata era che i compagni di merende fossero solamente la manovalanza, mentre le menti dei delitti dovevano essere altre, di ben altro status sociale e culturale.
 
I delitti non sarebbero quindi stati opera di un serial killer unico, ma di un gruppo di balordi che avrebbe agito su mandato di un terzo livello ancora sconosciuto.
 
 
La motivazione che avrebbe spinto i compagni di merende ad uccidere e a vilipendere i corpi delle loro vittime, praticando le escissioni, venne fornita dal Lotti nella sua confessione: Pacciani avrebbe ricevuto dei soldi da un non ben definito dottore in cambio degli orrendi feticci strappati alle vittime femminili dei delitti del cosiddetto Mostro di Firenze.
 
Nella lettera scritta agli investigatori il 7 novembre 1996, si può infatti leggere nella sgrammaticata ed incerta prosa del Lotti:
 
Dove li date queste cose della donna. Il seno vagina o fica Mario volio sapere chi le date dottore che si serviva Pietro Pacciani. Vi pagava in soldi. Ma quello no mi voleva dire per che ne faceva di vagina e se perche fate cose mostrose. Ma io no. Le altri fatte. Non avete rimorsi. A me mi fato schifo e co bestie come voi Mario e Pacciani per me vi farrei sparire per sempre dalla circlazino.
 
Pacciani sarebbe quindi stato l'intermediario fra i mandanti, rappresentati dallo sconosciuto dottore, e i compagni di merende; i soldi, a quanto sembra, sarebbero stati dati a Pacciani che, forse, ne avrebbe dato una piccola parte a Vanni, ma sicuramente non a Lotti.
 
Perché è particolarmente importante questa frase di Lotti?
Perché parla per la prima volta nell'inchiesta di pagamenti ricevuti dal Pacciani per commettere i delitti.

Il 28 giugno 1996, quindi ben prima delle ammissioni scritte di Lotti, era stata intercettata una telefonata diretta alla casa di Pacciani in cui suor Elisabetta, la religiosa che aveva conosciuto Pacciani in carcere, gli chiedeva di incontrarsi per andare a rinnovare in Posta dei buoni fruttiferi che lei custodiva per conto del contadino di San Casciano.
Nel corso della perquisizione del Centro di Assistenza Il Samaritano, iniziata alle 7 di mattina del 3 luglio 1996, erano quindi stati sequestrati buoni postali fruttiferi intestati a Pacciani o cointestati con le figlie, oltre a libretti postali di risparmio.
 
Così Giuttari e Lucarelli raccontano cosa avvenne nel libro Compagni di sangue (pag.194):
 
Emergeva, così, che Pacciani, nel 1979 e nel 1984 aveva acquistato due case a Mercatale, che, poi, aveva ristrutturato. Emergeva anche che il totale della somma, in contanti, investita da Pacciani nell'acquisto di buoni in più uffici postali di più paesi, era pari a1 L. 157.890.038.
...
Questa disponibilità finanziaria e patrimoniale equivale, secondo i calcoli presentati nel processo da un legale di parte civile, ad una cifra attuale di circa 900 milioni di Lire.
 
Questi elementi non erano però una novità per gli investigatori:
 
I dati relativi a Pacciani erano già noti nell'inchiesta che aveva portato all'incriminazione dello stesso Pacciani quale unico autore dei delitti.
Nel corso delle varie perquisizioni domiciliari, effettuate dopo la sua scarcerazione del 6 dicembre 1991, erano stati già rinvenuti gli stessi Buoni postali. 
In quella occasione, però, non si era ritenuto procedere al sequestro.
Era noto, anche il fatto che Pacciani aveva acquistato, nel volgere di pochi anni, ben due case, pagate in contanti.
Anche su questo gli investigatori non avevano ritenuto opportuno procedere ad approfondimenti investigativi. (pagg.196-197)
 
Lo stesso Ruggero Perugini ricorda di aver visto questi valori nel corso di diverse perquisizioni a casa di Pacciani e così rispose in aula alle domande rivoltegli su questo tema dal pm:
 
 
Secondo Giuttari, nel libro Il Mostro - Anatomia di un'indagine (pag. 240) quei valori sarebbero stati dati a suor Elisabetta fin dal 1994, quando furono riconsegnati a Pacciani dai Carabinieri di San Casciano, che li avevano ricevuti in custodia.
 
Fra questi documenti ci sarebbero stati anche due libretti di risparmio aperti presso gli uffici postali di Mercatale e di Scandicci, uno con saldo attivo di 62 milioni di Lire al 17 agosto 1992.
Pacciani avrebbe anche comperato nel dicembre 1982 una autovettura nuova, la Ford Fiesta 900 bianca, pagandola in contanti 6 milioni di Lire.

Pacciani contestò sempre queste affermazioni e respinse non solo l'ipotesi di pagamenti, ma anche le cifre date per descrivere la consistenza del suo patrimonio, che lui giustificava con una vita di risparmio e con quanto aveva ricevuto dai suoi genitori e dal suocero come dote per la moglie.

Credo possa essere estremamente  interessante ascoltare dalla sua viva voce quanto disse Pacciani, il 4 luglio 1996, cioé all'indomani del sequestro dei valori a suor Elisabetta, al detective Davide Cannella in merito alle cifre comparse sulla stampa; queste sono le registrazioni audio, disponibili su Youtube:

http://www.youtube.com/watch?v=-pj6OqE_mWM
Evidentemente la cifra riferita in aula da un avvocato di parte civile, secondo il quale il patrimonio di Pacciani equivaleva a circa 900 milioni di Lire dell'epoca, era destinata a fare scalpore e ad entrare nell'immaginario popolare.
Ebbe comunque grande presa sul pubblico che seguiva la vicenda: i media diedero ampio risalto alla disponibilità economica di Pacciani e questa sua presunta ricchezza divenne, da allora, un elemento costantemente citato, ancora oggi, da chi sostiene l'ipotesi dell'esistenza di mandanti che avrebbero commissionato gli omicidi, pagando per i feticci.
 
Il problema è che questa cifra non aveva allora e non ha oggi alcun fondamento tecnico.
 
Per calcolare le rivalutazioni monetarie di importi in tempi diversi si deve far riferimento al valore dell'Indice dei prezzi al consumo per le rivalutazioni monetarie, determinato e fornito dal ISTAT a questo indirizzo.
 
L'ultimo dato aggiornato al momento in cui scrivo (fine dicembre 2012) é il seguente:
 
 
Questi coefficienti consentono di rivalutare al 2011 le cifre in Lire disponibili in un certo anno, semplicemente moltiplicando l'importo per il coefficiente relativo all'anno considerato.
 
In senso inverso, è possibile calcolare a che cifra corrispondesse, in un certo anno, l'importo in Lire rivalutato al 2011 semplicemente dividendo l'importo del 2011 per il coefficiente dell'anno a cui ci si volesse ricondurre.
 
Applicando i corretti coefficienti di rivalutazione, per ciascun anno, ai valori monetari indicati nelle fonti delle disponibilità nel tempo di Pacciani, si ottiene la seguente tabella di stima del patrimonio in Lire rivalutato al 2011 (per i beni immobili e mobili, si è rivalutato il corrispondente prezzo di acquisto pagato):
 
 
Volendo fare una stima prudenziale per eccesso, per evitare ogni possibile discussione, consideriamo pure la somma di tutti gli importi rivalutati e possiamo calcolare che nel 2011 il valore complessivo del patrimonio di Pacciani sarebbe stato pari a Lire 566.967.782.

Tali importi sono ovviamente sommabili, perché tutti rivalutati e quindi calcolati al medesimo anno di riferimento, pur essendo generati da somme liquide disponibili in anni diversi.

Ricordo che il valore indicato da Giuttari di 157 milioni di Lire circa, per versamenti fatti presso diversi uffici postali in vari periodi, sembrerebbe essere un dato di flusso e non di stock.
Così come riportata, tale cifra complessiva sembra essere  riferita alla somma delle successive operazioni di solo acquisto dei titoli effettuate nel corso di diversi anni, senza però considerare le operazioni di rimborso per i titoli giunti a scadenza con i relativi interessi; è quindi possibile che il dato possa essere errato per eccesso, per un errore di double-counting degli importi (cui andrebbero aggiunti anche gli interessi liquidati) dei titoli scaduti nel periodo e rinnovati.
 
Il valore complessivo, ricondotto al 1994, anno del processo di primo grado a Pacciani, equivale a Lire 381.539.557 (risultato ottenuto dividendo l'importo totale del 2011 per il coefficiente 1,486 relativo al 1994).

In altre parole, se tutto il patrimonio in beni mobili e immobili di Pacciani (prezzo di acquisto) fosse stato in realtà in moneta sonante (ma ricordo che non lo era!), questo sarebbe equivalso ad un potere di acquisto di circa 380 milioni di Lire nel 1994.
Questo calcolo è però ampiamente errato per eccesso: una autovettura Ford Fiesta comprata nuova nel 1982 e pagata in contanti 6 milioni di Lire non vale di certo quasi 13 milioni di Lire dopo 12 anni, ma probabilmente il suo valore é più prossimo a 0 Lire.
 
Quindi il patrimonio teorico di Pacciani, calcolato nell'ipotesi più ampia possibile in base ai dati pubblici disponibili, sarebbe stato pari a circa 380 milioni di Lire nel 1994, non di certo ai famosi 900 milioni, che costituiscono un'evidente esagerazione.
 
 
Related Posts with Thumbnails