Mostro di Firenze - Processo Pacciani: le perizie balistiche - parte 2 - La perizia Pelizza - Spampinato - Vassale

di Enrico Manieri - Henry62
.
- La perizia Pelizza - Spampinato - Vassale -
.
Questa perizia, di importanza molto relativa ai fini processuali ma interessante per le conclusioni cui giungono i periti, è di carattere chimico-balistico.

I quesiti posti dal magistrato riguardano l’accertamento della natura di alcune macchie ritrovate su un pannolino da neonato e su un baby-doll sequestrati all’imputato: in particolare le richieste vertono sulla questione se questi indumenti fossero stati utilizzati nella pulizia o conservazione di armi da fuoco e, nel caso affermativo, nell’accertamento di una eventuale compatibilità con residui di sparo, propellente o innesco, riconducibili a cartucce .22L.R. di produzione Winchester o a colpi a salve di marca Hilti.

La perizia viene svolta utilizzando tecniche scientifiche delicate, quale l’esame di Analisi per Attivazione Neutronica (NAA), eseguito presso il laboratorio dell’ENEA-CRE della Casaccia.
Illustriamo come si svolge questo esame, utilizzato sempre più spesso per determinare sia in via qualitativa che quantitativa i residui dello sparo di un’arma da fuoco.

La ricerca positiva di metalli e metalloidi noti derivanti dalla detonazione di una carica è considerata indice di probabilità, non di certezza assoluta, della provenienza balistica dei reperti: la sensibilità della NAA è dell’ordine del milionesimo, e nelle strumentazioni più precise del miliardesimo, di grammo in un grammo di campione esaminato.
Il principio di funzionamento dell’analisi si basa sulla trasmutazione nucleare del campione sottoposto a bombardamento con particelle sub-atomiche.

Il nucleo dei metalli o metalloidi ricercati, bombardato con neutroni, diviene un nuclide radioattivo instabile che, per ritornare in equilibrio energetico stabile, decade emettendo raggi.
Queste emissioni sono, elemento per elemento, misurabili in termini di energia, mentre l’intensità dell’emissione è legata alla quantità dell’elemento presente.
In due contenitori attraversabili dal fascio di neutroni vengono collocati il campione da analizzare ed un campione dell’elemento ricercato, in quantità esattamente determinate, per essere sottoposti al bombardamento di neutroni secondo tempi prestabiliti in funzione dell’elemento ricercato.
Divenuti radioattivi, i due campioni vengono collocati in un analizzatore di gamma spettrometria che rileva le caratteristiche dell’emissione.
La catena di misura, asservita ad un calcolatore, fornisce in output l’analisi quantitativa per elemento e per l’elemento cercato anche un valore quantitativo, che può essere espresso in termini assoluti o percentuali.


La quasi certezza di provenienza balistica dei metalli o metalloidi trovati può essere raggiunta con la ricerca del piombo, derivante sia dallo stifnato di piombo dell’innesco che dal piombo del proiettile (sublimato per effetto termico dello sparo), che non può però essere eseguita con la NAA perché il radioisotopo caldo del piombo, derivante dal bombardamento di neutroni, non è rilevabile dall’analizzatore di gamma spettrometria.

In questo caso si dovrebbe utilizzare il metodo spettrometrico, da usare con una certa cautela perché di tipo distruttivo, dell’Analisi per Assorbimento Atomico (AAA).
La presenza di un elemento si determina sfruttando il fenomeno fisico dell’assorbimento di quelle radiazioni le cui lunghezze d’onda sono presenti nello spettro caratteristico dell’elemento cercato: facendo filtrare radiazioni (di cui sia nota la lunghezza d’onda) attraverso vapori del campione in analisi (ottenuti per effetto termico), si determina la presenza dell’elemento, mentre l’intensità dell’assorbimento è legata alla concentrazione nel vapore dell’elemento stesso, quindi, in ultima analisi, alla sua quantità.



Per rispondere alle richieste del magistrato, i periti fanno cercare la nitroglicerina e il dinitrotoluene (per verificare la presenza di residui di propellente), il bario e l’antimonio per verificare l’eventuale uso di un innesco.

Il discorso potrebbe reggere se non fosse stato specificatamente richiesto dal magistrato l’accertamento della compatibilità con le .22L.R. Winchester e con le cartucce a salve Hilti.

Molte cartucce, soprattutto del tipo a percussione centrale, adottano come innesco dei composti in cui compaiono il piombo (stifnato di piombo), il bario (nitrato di bario) e l’antimonio (solfuro di antimonio), ma dalla abbondante letteratura tecnica specialistica d’Oltreoceano è da tempo noto che le cartucce a percussione anulare di produzione Winchester sono prive di antimonio.
L’esame di laboratorio, mentre accerta la presenza di bario e antimonio, esclude quella di residui di propellente.
Bisogna innanzitutto precisare che bario e antimonio, in diversi loro composti, possono rientrare anche nei cicli di lavorazione e colorazione dei tessuti, per cui la presenza sui campioni di questi componenti potrebbe non dire molto, ma in particolare è curioso osservare come questi elementi chimici vengano trovati anche nell’esame degli inneschi Winchester e delle cartucce a salve Hilti.
A questo punto si pongono due alternative ed una domanda: o gli inneschi Winchester effettivamente hanno cambiato composizione e ora contengono solfuro di antimonio, oppure l’analisi eseguita non è affidabile.
Questa considerazione, piuttosto preoccupante per le conseguenze che comporterebbe, sembrerebbe confermata dall’affermazione, recentemente resa nota a mezzo stampa, del consulente di parte Morin che nemmeno le cartucce a salve Hilti dovrebbero contenere antimonio.

La domanda è: i periti, che hanno fatto ricercare e trovato un elemento che non avrebbe dovuto esserci, erano a conoscenza che la letteratura tecnica specializzata escludeva l’antimonio dagli inneschi utilizzati nelle cartucce .22L.R. Winchester?
Per una conferma ufficiale su alcuni quesiti che ci siamo posti dalla lettura delle perizie abbiamo contattato la BW Italia S.p.A. di Anagni, che cura la commercializzazione delle cartucce Winchester in Italia, ma la risposta che abbiamo ricevuto è stata di impossibilità di reperimento delle informazioni e di fare perciò riferimento per ogni questione tecnica alla casa madre Olin-Winchester americana.
Naturalmente ci siamo attivati in questo senso e non appena riceveremo risposta alle molte domande daremo tempestiva comunicazione pubblica, vista la delicatezza dell’argomento, dalle pagine della nostra rivista.
Un’altra affermazione critica dei periti è quella in si dice testualmente:

“Le presenze sul reperto 1 di macchie derivanti da lubrificanti e/o costituite da residui carboniosi denunciano l’uso di detto reperto quale straccio per pulizia di armi.



In particolare, è possibile che alcune di dette macchie derivino dall’impronta della volata (parte
anteriore della canna) di un’arma che, per il diametro della stessa impronta (prossima a mm 9 circa), non può essere in calibro .22”.

Se i periti non hanno trovato residui di propellente, i residui carboniosi di cui parlano sul reperto 1 o non sono stati analizzati (e paradossalmente non si possono nemmeno allora definire carboniosi), oppure non sono tali, per cui la conclusione della perizia: “In sintesi, mentre la accertata presenza di antimonio e bario sui reperti 1 e 6 (C.R. 55104) e le impronte dell’arma rilevate sul reperto 11 indicano che i citati reperti hanno trovato impiego come stracci per pulire o avvolgervi armi adoperate al tiro, è impossibile dire se trattasi di armi capaci di impiegare cartucce, a salve o vere, comprese le cal.22L.R. Winch.” non avrebbe alcun valore.

----- ----- -----

DOSSIER "PROCESSO PACCIANI: LE PERIZIE BALISTICHE"
.
Related Posts with Thumbnails