L'arma da fuoco del "Mostro di Firenze": evidenze contro opinioni


di Enrico Manieri - Henry62


Nell'articolo relativo all'analisi delle perizie balistiche del primo processo Pacciani, a proposito dell'arma utilizzata dal Mostro di Firenze, scrivevo:

"La pistola del Mostro non è mai stata trovata: non è, quindi, possibile effettuare una immediata comparazione fra una cartuccia nuova camerata con questa pistola e il reperto Pacciani.
L’identificazione dell’arma con una Beretta semiautomatica in calibro .22L.R. della serie 70 è stata possibile dall’identità di classe dei bossoli repertati nei vari omicidi, mentre l’unicità dell’arma impiegata è stata riconosciuta da specifiche marcature che questa lascia sui bossoli di risulta.
Il fatto che l’arma possa essere – molto probabilmente – una Beretta della serie 70 restringe il numero di possibili modelli ma non ne identifica uno in particolare, perché nella serie 70 esistono diversi modelli entrati in produzione a partire dal 1958.
La serie 70 fu progettata sostanzialmente per l’uso della cartuccia 7,65 mm Browning, e poi estesa a camerare il .22 L.R. e 9 Corto, dato che queste tre cartucce richiedono, mediamente, armi dalle dimensioni assai vicine.
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Le pistole camerate in .22 L.R. della serie 70 della Beretta sono sette, denominate con i numeri compresi fra 71 e 76, con l’aggiunta della 70S.
Tutte condividono, con poche varianti di minor conto, la stessa organizzazione meccanica del modello base 71, in pratica la 70 camerata in .22 L.R. anziché in 7,65 mm Browning.
La 72 è una variazione della 71, fornita di serie di due canne intercambiabili di diversa lunghezza (90 e 150 mm); la 75, simile alla precedente, viene fornita con la sola canna da 150 mm; la 73 ha la sola canna da 150 mm ma ha la tacca di mira fissa sulla canna anziché sul carrello come i precedenti modelli; la 74 è simile alla 73 ma ha la tacca di mira regolabile in alzo e derivazione; la 70S ha la canna da 90 mm e modifiche all’impugnatura, mentre la 76 è quella splendida pistola propedeutica al tiro che molti ricorderanno per aver con essa fatto i primi passi nel mondo del tiro a segno sulla canonica distanza dei 25 m, molto diversa nell’aspetto dai modelli precedenti ma che condivide con loro l’organizzazione meccanica base del modello 70."



Ora è venuto il momento di approfondire un po' questo argomento, cercando di fare chiarezza su alcune affermazioni imprecise che si sono sentite ripetere troppo spesso dai media.
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- MARCA E MODELLO DELL'ARMA -

Il primo punto che deve essere chiarito è che l'arma utilizzata dall'assassino per compiere gli otto duplici omicidi sia necessariamente una pistola Beretta della Serie 70.
Non avendo recuperato l'arma, non c'è alcuna evidenza che questa sia effettivamente una Beretta della Serie 70, camerata per la munizione .22 Long Rifle.
Mi rendo conto che questa mia affermazione potrebbe sembrare sconcertante, dopo che per 40 anni si è sempre parlato di una pistola Beretta, ma è necessario affrontare l'analisi delle certezze con la mente sgombra da preconcetti e da deduzioni che potrebbero trarre in inganno.
L'unica certezza è che l'arma del Mostro presenta una compatibilità di classe con più modelli prodotti dalla Beretta nella Serie 70, camerati per la munizione .22 Long Rifle, ma ciò non significa affatto che l'arma debba essere necessariamente una pistola Beretta.
Il fatto che si dica che il Mostro abbia utilizzato una pistola Beretta della Serie 70 è un'ipotesi, non una certezza: cerchiamo di capire su che basi si fonda.

L'identificazione di classe di un'arma utilizzata in un determinato evento criminale è resa possibile dall'analisi delle tracce caratteristiche che gli organi dell'arma lasciano sugli elementi della cartuccia durante le varie fasi in cui la cartuccia viene a contatto con l'arma.
Il contatto fra arma e munizione non deve essere inteso necessariamente come esplosione del colpo nell'arma, ma anche di semplice cameramento in canna e successiva estrazione/espulsione, senza sparo.
Quando un organo in acciaio dell'arma viene a contatto con la munizione, lascia sul metallo più tenero della cartuccia dei segni che consentono di determinare dimensioni e caratteristiche morfologiche e di posizionamento relativo degli organi dell'arma.
Sulla palla esplosa e recuperata in sede di autopsia e/o di sopralluogo, la canna lascia impressi in negativo i segni della rigatura e, all'interno di questi solchi, anche insiemi di fasci di microstrie che possono essere validamente utilizzati per l'identificazione univoca della palla con l'organo dell'arma che ha lasciato quelle tracce.
Attenzione a questa affermazione: molto spesso si sente dire che analizzando le palle si individua l'arma, ma non é sempre detto!
Si individua, in realtà, la canna che ha sparato quel determinato colpo, non necessariamente l'arma.
Pensiamo al caso di due pistole dello stesso modello nella disponibilità di un medesimo soggetto che ne inverta il montaggio delle canne e, compiuto l'omicidio, ripristini la corretta collocazione delle canne: la canna che ha sparato il colpo si troverebbe su due armi diverse durante e dopo l'omicidio.
Analogo discorso, ovviamente, nel caso di un'arma che possa montare canne di diversa lunghezza: è proprio il caso di un modello delle pistole Beretta della Serie 70, che veniva direttamente venduta con due canne intercambiabili di diversa lunghezza.


Sul bossolo della cartuccia vengono invece lasciate delle impronte tipiche dal percussore, dall'estrattore e dall'espulsore, di cui si possono vedere alcuni esempi fotografici in questo articolo.
La posizione reciproca delle impronte, sia in termini angolari che dimensionali, consente di definire i modelli di armi compatibili con i bossoli repertati.
Il fatto che un modello di arma sia compatibile con i bossoli e con le palle repertate non ci fornisce alcuna altra informazione aggiuntiva, se non la possibilità di valutare in termini statistici la probabilità di reperibilità dell'arma fra la popolazione.
Ovviamente le pistole Beretta in Italia erano e sono diffusissime, quindi è molto probabile che l'arma del Mostro possa essere effettivamente una Beretta, ma non possiamo dirci assolutamente certi di questa affermazione.
In assenza dell'arma da analizzare, viene a mancare del tutto la possibilità di effettuare comparazioni fra i reperti rinvenuti sulla scena dei duplici omicidi con i proiettili esplosi dall'arma da verificare, essendo questo l'unico tipo di test che ci potrebbe consentire di giungere alla certezza dell'identificazione univoca dell'arma impiegata nei delitti.
Ogni volta che si assume per certo un evento che è invece solo probabile, e tale asserzione viene usata come criterio di discriminazione, si potrebbe correre il grave rischio di escludere il colpevole dalla rosa dei sospettati.


- IL NUMERO DI COLPI REPERTATI E' UN PARAMETRO UTILE? -

Un secondo aspetto che ogni tanto riecheggia nella vicenda criminale degli omicidi del Mostro di Firenze é l'ipotesi che potrebbero essere state utilizzate due diverse armi da fuoco per compiere gli omicidi.
E' evidente l'importanza di questa ipotesi ai fini delle indagini investigative.
L'unica possibilità per avere la certezza che esistano due diverse armi, non avendo mai rinvenuto alcuna arma, è che esistano almeno due palle o due bossoli repertati sulle scene dei delitti che presentino caratteristiche realmente incompatibili con l'origine da un'unica arma, come per esempio munizioni diverse ed incompatibili fra loro, impronte di rigature con un numero diverso di principi, impronte sul fondello aventi angoli completamente diversi fra le tracce del percussore, dell'estrattore e dell'espulsore.
La semplice presenza di munizionamento differente potrebbe non essere sufficiente per affermare l'esistenza di armi diverse, perchè alcuni tipi di munizioni, di derivazione molto stretta, possono essere comunque utilizzate, con minore precisione ed efficacia, in armi camerate per un calibro diverso (per esempio munizioni in calibro 9 Parabellum potrebbero essere sparate in armi camerate per la munizione 9 x 21, ma non viceversa) e addirittura ci sono stati casi in cui palle calibro 7,65 mm sono state sparate in canne camerate per il calibro 9 Corto.
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Il numero di colpi sparato sulla scena del delitto, tranne casi particolari, non può essere un elemento valido per identificare un modello di pistola, soprattutto se la pistola è a ripetizione semiautomatica.
Le pistole semiautomatiche utilizzano dei caricatori lineari sostituibili, la cui capacità è stabilita in sede di progetto e che, secondo la legge italiana, non può essere modificata per aumentare il numero di cartucce contenute.
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caricatore a 8 colpi .22 LR per Beretta Serie 70
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caricatore a 10 colpi .22 LR per Beretta Serie 70
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Nel caso delle pistole Beretta Serie 70 in calibro .22 Long Rifle, è appena il caso di segnalare che i modelli 70S, 71 (sia con canna da 90 mm che da 150 mm), 72 e 75 hanno caricatore da 8 colpi, mentre i modelli 73, 74 e 76 sono stati progettati con caricatore da 10 colpi.
E' bene ricordare che, solitamente, è possibile caricare almeno una cartuccia in più nel caricatore, forzando la compressione della molla o ricorrendo a piccole modifiche (vietate però per legge!).
Volendo aumentare l'autonomia di fuoco dell'arma, la procedura corretta è quella di caricare il colpo in canna, mettere l'arma in sicura e rifornire il caricatore di una ulteriore cartuccia in sostituzione di quella incamerata.
Un'arma con caricatore della capacità di 8 colpi può quindi arrivare a spararne 10 senza dover sostituire il caricatore (1 colpo in canna e 9 nel caricatore).
Nel caso delle Beretta Serie 70 c'è però anche un'altra particolarità da considerare.
Ho chiesto la cortesia di effettuare una prova empirica ad un amico americano, collezionista di pistole Beretta, chiedendogli specificatamente di verificare se i caricatori da 10 colpi del modello 74 potevano essere utilizzati sulle pistole progettate per i caricatori a 8 colpi, come la 70S.
La risposta è purtroppo positiva.
Questo è il risultato nelle immagini che mi ha inviato:
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Il caricatore entra in sede senza alcun problema e si blocca regolarmente in posizione, sporgendo inferiormente dall'impugnatura.
L'arma funziona regolarmente e quindi anche un modello di pistola semiautomatica Beretta della Serie 70 camerata per il .22 long Rifle, nonostante sia nata con caricatore da 8 colpi, può funzionare egregiamente con uno da 10 colpi progettato per i modelli successivi della stessa serie.
Io non so se questa prova, efficace nella sua semplicità, sia mai stata eseguita prima (negli atti dei dibattimenti a mia disposizione non ne ho trovato traccia), ma il risultato è inequivocabile e si commenta da solo.
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ATTENZIONE: Ricordiamo che è illegale e severamente vietata e punita ogni alterazione che aumenti la capacità di fuoco, la portabilità e/o la letalità di un'arma, compreso quindi l'utilizzo di caricatori di capacità maggiore rispetto a quella definita in sede di catalogazione.
Con le armi non si scherza: massima prudenza, rispetto della normativa e, come sempre, don't try this at home!
Non ripetere mai i test tecnici che vengono effettuati da personale tecnicamente esperto e nel rispetto della sicurezza altrui e propria.

Immagine reperita in rete di una pistola Beretta con caricatore non corretto

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