Mostro di Firenze - Processo Pacciani: le perizie balistiche - parte 1

di Enrico Manieri - Henry62
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ATTENZIONE
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L'articolo che segue venne da me pubblicato nel lontano giugno 1995 sul numero di luglio della rivista "Armi The European Magazine" con cui all'epoca collaboravo.
Il processo di primo grado a Pietro Pacciani si era concluso con la condanna dell'imputato a 14 ergastoli; decisi allora di analizzare personalmente le perizie balistiche di quel processo e farne un'analisi tecnica.


Contattai allora gli avvocati storici di Pacciani, avv.Bevacqua e avv. Fioravanti, ma non si dissero disponibili e non mi aiutarono a reperire i documenti che mi servivano; decisi allora di rivolgermi direttamente al magistrato che aveva presieduto la Corte d'Assise che aveva giudicato Pacciani, dott. Ognibene, che, con grande correttezza, mi autorizzò ad avere copia delle perizie balistiche dalla segreteria del Tribunale e mi concesse  di  pubblicare le stesse, ovviamente sobbarcandomi direttamente ogni spesa di Cancelleria.

Quando l'articolo venne pubblicato, ci fu un notevole clamore fra gli addetti ai lavori, perchè ciò che avevo trovato lasciava davvero perplessi. 
Venni allora contattato dagli avvocati storici di Pacciani, avv. Bevacqua e avv. Fioravanti, che ora mi chiesero di supportare la difesa in qualità di Consulente Tecnico di Parte nel processo di appello.

Superai le ovvie perplessità per la loro mancata collaborazione iniziale e decisi di accettare, perché ritenevo fosse un dovere etico presentare in un'aula di giustizia ciò che avevo scoperto  e da quel momento non pubblicai più alcun articolo in merito alla vicenda.

Il resto è ormai storia giudiziaria: Pacciani venne assolto nel processo d'appello, capovolgendo completamente il verdetto del primo grado; in seguito la sentenza di assoluzione venne annullata  dalla Cassazione per motivi non di merito e l'imputato rinviato ad un nuovo processo d'appello.
Pacciani morì, da uomo libero, prima che il nuovo processo d'apello avesse inizio.

Voglio precisare pubblicamente che per la mia attività di Esperto per la difesa non chiesi, nè mi fu proposta, nè percepii mai alcuna remunerazione o rimborso spese, a nessun titolo e da nessuno.
Per me fu un impegno etico, che ritenni di adempiere mettendo a disposizione della Giustizia, non solo di una parte, le competenze specialistiche di cui ero in possesso.

Trascorsi ormai molti anni e morto Pacciani, ho deciso di tornare a scrivere di questa vicenda in questo blog; ripropongo quindi il dossier che avevo pubblicato, con l'avvertenza che il testo, ove non esplicitamente dichiarato diversamente, è esattamente quello pubblicato nel 1995, mentre le immagini a corredo sono state reperite in rete.

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- Mostro di Firenze: le perizie tra luci ed ombre -

Dalle conclusioni e dall’analisi delle modalità di esecuzione delle perizie balistiche del caso Pacciani emergono elementi non considerati che potrebbero riaprire un acceso dibattito sui metodi e sugli strumenti dell’analisi peritale.
Dalla semplice valutazione delle perizie balistiche depositate, siamo giunti a nuove ipotesi di lavoro che potrebbero rivelarsi significative nell’andamento della vicenda giudiziaria.
Se la perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati e valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, il nostro contributo vuole essere quello di dimostrare che gli strumenti devono essere ricercati di volta in volta, avvalendosi di tutte le facoltà che la scienza e la tecnica pongono a disposizione.

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La vicenda criminale del Mostro di Firenze si snoda in una lunga sequenza di efferati e terribili omicidi di coppie di ragazzi appartati nella dolce campagna toscana.
A differenza di numerosi casi di serial killer e lust murder studiati in Paesi europei e americani, il Mostro di Firenze colpisce con cadenze atipiche e, ammettendo l’esistenza di una sola persona, in un lunghissimo intervallo cronologico.
Elementi comuni dei delitti, come a tutti noto,sono: l’uso in tutti i casi di una medesima pistola in calibro .22L.R., che i periti, dall’analisi delle palle e dei bossoli di risulta trovati sui luoghi dei delitti, identificarono in una mai rinvenuta Beretta della serie 70 e l’impiego occasionale di una affilata arma da taglio, di forma e dimensioni ignote, utilizzata sia per colpire le vittime che per operare lo scempio dei corpi femminili.


L’epilogo della vicenda è noto, data l’attenzione con cui l’opinione pubblica ha seguito lo svolgimento del processo e all’ampia eco che la sentenza ha avuto sui mass-media.
Pietro Pacciani, anziano contadino, infartuato e con precedenti per omicidio passionale e violenza sulle figlie, è stato riconosciuto colpevole e condannato al carcere a vita.



Contro la sentenza, che ha diviso gli italiani in colpevolisti ed innocentisti, la difesa è ricorsa in appello mentre l’accusa non ha abbassato la guardia e prosegue le indagini per fare piena luce su una vicenda dai tanti lati ancora oscuri.



Il nostro interesse per questo processo, che in un primo momento ci vide lontani spettatori come milioni di italiani, è nato dalla lettura del libro scritto dal dottor Ruggero Perugini, capo della SAM (Squadra Anti Mostro) della Polizia di Firenze, per i tipi della Arnoldo Mondadori (“La caccia al Mostro di Firenze. Un uomo abbastanza normale”) ed immesso sul mercato proprio prima della conclusione del processo.



Al di là delle considerazioni che ciascuno potrà fare sulla felice o meno idea di commercializzare questo libro durante una fase delicatissima dell’iter giudiziario, dalla lettura delle pagine relative al ritrovamento, a dir poco fortuito, della famosa cartuccia inesplosa nell’orto del Pacciani, durante la maxi-perquisizione dell’aprile 1992, ci venne il desiderio di saperne di più e di entrare nel merito della vicenda, almeno per la parte che ci interessava, cioè quella relativa alle perizie balistiche del “caso Pacciani”.



Questa cartuccia, a quanto pare, doveva di fatto rivelarsi molto importante, se non determinante, nell’indagine che portò al provvedimento di custodia cautelare nei confronti dell’agricoltore fiorentino se, come riporta anche Carmelo Lavorino nel suo libro “Pacciani connection – Atto II”, (Emmekappa Edizioni, Gaeta, 1993) a pag.50, gli inquirenti dichiararono: “Sempre in sede di perizia svolta con il rito dell’incidente probatorio è stato ritenuto, sulla base della natura del terreno e tenuto conto dei fenomeni corrosivi rilevati sulla cartuccia sequestrata a Pacciani, che il reperto doveva essere interrato per un periodo non superiore a cinque anni.
Pertanto, ove si consideri che il reperimento è avvenuto il 29 aprile 1992, e che il Pacciani ultimamente è stato detenuto dal 30 maggio 1987 al 6 dicembre 1991, ne consegue la piena attribuibilità”
, al Pacciani stesso, della responsabilità.

La cartuccia, inesplosa e completa in tutte le sue parti, ancora racchiusa nel grumo di terriccio che la ricopriva, venne prelevata dallo stesso Perugini e portata al Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica per la Toscana, per essere sottoposta a analisi accurate.


Data l’importanza del ritrovamento, il Giudice per le Indagini Preliminari, dott. Valerio Lombardo, accoglieva la richiesta di incidente probatorio avanzata, con nota a verbale del 6 giugno 1992, dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, dott. Vigna, e dal Sostituto Procuratore dott. Canessa



per esami microanalitici e strutturali sulla cartuccia, chiedendo in particolare di individuare l’entità dei fenomeni corrosivi connessi con l’interramento, nonché una indicazione di massima del periodo di tempo di permanenza nel terreno.


L’altra questione fondamentale, cioè se questa cartuccia avesse effettivamente avuto qualcosa a che fare, in qualunque modo, con la introvabile pistola del Mostro fu oggetto della perizia affidata, sempre in data 6 giugno 1992, ai periti Benedetti e gen. Spampinato.
Una terza perizia, affidata ai tre periti dott. Pelizza, C.F. Roberto Vassale e gen. Spampinato, era già stata assegnata in data 3 marzo 1992 dal G.I.P. per accertare se tracce di residui su vari stracci potessero essere attribuite ad operazioni di pulizia di armi.

Il nostro intento, guardandoci bene dall’entrare nel merito del giudizio di colpevolezza, è solamente quello di fare il punto su queste tre perizie, cercando di andare oltre le solite considerazioni di carattere generale che si rifanno alle conclusioni delle stesse, senza andare a vedere in che modo queste conclusioni siano state raggiunte.

Trattandosi la nostra di una rivista specializzata assolutamente indipendente, che si rivolge ad un pubblico di lettori sicuramente competente, e che si colloca ai vertici del settore per il livello tecnico delle trattazioni, cercheremo di entrare in profondità nel discorso.
Prima di andare oltre, ci sia consentito un doveroso ringraziamento a tutti coloro che, a diverso titolo, hanno permesso la realizzazione di questo servizio, in particolare al magistrato dott. Ognibene ed ai suoi collaboratori del Tribunale di Firenze.



Al dottor Mei va invece la nostra riconoscenza per averci fornito la documentazione fotografica relativa al reperto, che per la prima volta può essere analizzata fuori dall’aula giudiziaria.

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DOSSIER "PROCESSO PACCIANI: LE PERIZIE BALISTICHE"
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