Processo Pacciani: le fatture dei blocchi Skizzen Brunnen

di Enrico Manieri - Henry62


Il famoso blocco da disegno Skizzen Brunnen era, con la cartuccia trovata nel suo orto durante la famosa maxi-perquisizione, uno degli elementi più pesanti a carico di Pacciani nel processo di primo grado, indizio che venne però completamente smontato nel processo di appello.
 
Ho già approfondito l'argomento nell'articolo "Processo Pacciani: il blocco da disegno Skizzen Brunnen", ma alcuni dubbi erano rimasti sulle modalità con cui era stato possibile risalire al prezzo di vendita al pubblico dell'album a partire dalle fatture di acquisto del negoziante.
 
Per risolvere queste perplessità, non resta che valutare queste famose fatture, così ciascuno potrà verificare su che basi oggettive la Corte d'Assise d'Appello di Firenze, che giudicò innocente Pacciani, basò la propria decisione.
Devo alla cortesia dell'avvocato Bevacqua, difensore storico di Pacciani, la disponibilità di questi e altri importanti documenti che nel corso degli anni mi ha fornito.

GLI ALBUM DA DISEGNO E LE FATTURE
 
Nel duplice omicidio di Giogoli morirono i ragazzi tedeschi Uwe Jens Rusch e Wilhelm Friedrich Horst Meyer, entrambi di 24 anni.
Horst Meyer aveva frequentato una scuola di disegno e grafica di Osnabruck e, secondo la sorella, chiamata a deporre in aula, utilizzava album da disegno del tipo sequestrato a Pacciani.
 
Questo album, ricordo, misurava 17 x 24 cm e riportava al retro il prezzo di vendita manoscritto di 4,60 DM (marchi tedeschi); la sorella della vittima, Heidemarie Meyer, consegnò spontaneamente agli investigatori un secondo album, simile ma di dimensioni maggiori (24 x 34 cm), avente prezzo di vendita pari a 10,20 DM, sostenendo che era stato acquistato, a suo tempo, proprio da suo fratello, che sarebbe poi stato ucciso nel 1983.
 
L'album sequestrato a Pacciani aveva il numero d'ordine nelle fatture "47550", mentre quello consegnato dalla signora Meyer aveva numero d'ordine "47450".
 
Veniamo allora alle fatture consegnate dal titolare del Prelle-Shop, signor Westerholt; su ciascuna di queste fatture venne riportato all'epoca, scritto a mano, il prezzo di vendita al pubblico per ciascun articolo, col totale di quanto speso per ciascun ordine e di quanto ricavabile dalla vendita al dettaglio al momento dell'ordine.
 
Questo spiega perché fu possibile avere nel dibattimento,  in modo certo e diretto, il prezzo di vendita al pubblico nel periodo di riferimento della fattura.
Con precisione tutta tedesca, il titolare del negozio faceva segnare diligentemente il prezzo di vendita finale al pubblico di ogni articolo sulla relativa fattura di acquisto.
 
1) Fattura del 8 maggio 1982
 
 
In questa fattura il blocco sequestrato a Pacciani risulta avere un prezzo di vendita al pubblico di 5,90 DM, mentre quello di dimensioni maggiori costava al pubblico 9,20 DM.
 
art. 47550 - 5,90 DM
art. 47450 - 9,20 DM
 
2) Fattura del 23 luglio 1982
 

 
art. 47550 - 5,90 DM
art. 47450 - 9,20 DM
 
 
3) Fattura del 23 agosto 1982
 

 
art. 47550 - 5,90 DM
art. 47450 - 9,20 DM
 
 
4) Fattura del 22 agosto 1983
 

 
art. 47550 - 6,20 DM
art. 47450 - 9,70 DM
 
 
5) Fattura del 24 ottobre 1983
 

 
art. 47550 - 6,40 DM
art. 47450 - 10,00 DM
 
 
6) Fattura del 15 ottobre 1984
 

 
art. 47550 - 6,40 DM
art. 47450 - non disponibile
 
 
OSSERVAZIONI
 
Le fatture esibite in aula durante il processo d'appello contro Pietro Pacciani dimostrano in modo inoppugnabile che il prezzo di vendita al pubblico di 4,60 DM, segnato sulla copertina del blocco da disegno sequestrato a Pacciani, era relativo ad un periodo che poteva essere ricondotto, secondo il titolare del negozio Prelle-Shop, almeno al 1980-81.
 
Da un punto di vista strettamente numerico, i dati ci consentono di rilevare che nel periodo maggio 1982 - ottobre 1984 il prezzo di vendita al pubblico dell'album passò da 5,90 DM a 6,40 DM, con un aumento complessivo di mezzo marco.
 
In pratica, in un periodo di due anni e mezzo, il prezzo aumentò di 50 centesimi di marco, mentre la differenza fra il prezzo segnato sul blocco da disegno sequestrato a Pacciani e quello di vendita al pubblico ad inizio maggio 1982 era di ben 1,30 DM, cioé poco meno di circa due volte e mezzo l'aumento dei prezzi di vendita al pubblico documentato dalle fatture.
 
Questa constatazione ci consente di ipotizzare, in modo che ritengo persino prudenziale, che, con un aumento medio di mezzo marco ogni 2 anni circa, il costo di 4,60 DM del blocco sequestrato all'imputato risalisse a ben prima del 1980, probabilmente addirittura a prima che il ragazzo tedesco si iscrivesse alla scuola di disegno.

IL SECONDO ALBUM
 
L'album di maggiori dimensioni, consegnato spontaneamente dalla sorella della vittima tedesca alla Polizia di Stato italiana, aveva un prezzo di vendita al pubblico di 10,20 DM, ma dalle fatture si vede che nell'ottobre 1983, cioè un mese dopo il delitto di Giogoli, il prezzo di vendita di tale oggetto era di soli 10,00 DM, quindi l'album consegnato agli inquirenti venne acquistato presso il negozio Prelle-Shop certamente dopo quella data e non poteva essere quindi stato acquistato dalla vittima, come invece riferito dalla donna all'atto della consegna.
 
Ipotizzare che l'album sequestrato a Pacciani fosse appartenuto alla vittima tedesca è perciò un puro esercizio dialettico, privo di qualunque riscontro oggettivo, dato che nessuna delle commesse del negozio riconobbe nelle due vittime dell'omicidio di Giogoli un cliente del Prelle-Shop e la testimonianza della sorella sul secondo album, che associava il fratello all'uso di quella marca di blocchi da disegno, venne smentita dalla verifica del prezzo di acquisto.

Per poter attribuire almeno il valore di indizio all'album sequestrato a Pacciani, sarebbe stato necessario dimostrare che la vittima tedesca utilizzasse quel tipo di album e che si approvvigionasse presso il negozio Prelle-Shop, ma ciò di fatto non avvenne.

E' anche bene ricordare che l'accusa non fu in grado di produrre in aula nemmeno un disegno o uno schizzo realizzato dalla vittima su un foglio preso da un album simile a quello sequestrato, nonostante la famiglia della vittima fosse stata sentita per tempo.

Il personale docente della scuola di disegno, inoltre, smentì l'affermazione che la scuola consigliasse quel tipo di materiale agli allievi.

Tutti gli elementi portarono quindi la Corte a concludere che l'album da disegno sequestrato a casa di Pacciani non fosse da porre in relazione col delitto di Giogoli e con le vittime tedesche.
 
 
 
 
 
 
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